Interrompo l’ondata di post pesantucci del mio ormai intermittente blog per un intermezzo (finalmente) leggero. Ovvero una recensione dell’ultimo libro che ho letto. Che poi, a dirla tutta, più che una recensione è una richiesta d’aiuto.
Il libro che raggiunge il post numero 9 della categoria (ammetto che mi vergogno un po’ di averne scritti così pochi di post letterari) è un thriller firmato Donato Carrisi: Il tribunale delle anime. Prima di lanciarmi nel commento corredato da domande a cui spero che qualcuno possa rispondere, è d’uopo una premessa. Sono un’avida lettrice di romanzi che ha un debole per i gialli e ha sviluppato un certo gusto per i thriller. Se l’amore per i gialli ha radici profonde (avevo 8 anni quando mi lessi pressoché tutta Agatha Christie e scrissi la mia prima struttura di un giallo mai scritto), la passione per i thriller è nata di recente. Ricordo ancora il mio snobismo, rotto da colui che mi ha consigliato i libri che più ho amato nella vita e che hanno formato il mio gusto da lettrice: mio padre. Per rimanere in tema del blog nato con il dottorato, era giustappunto la mia prima estate da dottoranda, nel lontano 2015. Quell’estate, per ragioni personali, la passai in una città non mia, con molto tempo fra le mani e un’afa tale da buttarmi fisicamente giù (grazie, pressione bassa). Così, non mi restava che leggere. Mio padre, lungimirante e conoscitore dell’animo di sua figlia, mi convinse ad andare contro le mie resistenze basate su pregiudizi e mi diede alcuni libri di Jo Nesbø. Che ve lo dico a fare, fu amore a prima pagina e nel giro di un’estate recuperai tutta la saga di Harry Hole, che tutt’ora seguo con tanto di aggiornamenti via mail (niente spoiler, Luna rossa non l’ho ancora letto!). Questo per dire che da allora ho letto parecchi thriller, divorando Mankell (forse il mio preferito per lo spessore sociale dei suoi libri), chiedendomi come sia possibile che ci siano persone a cui piacciono i libri di Camilla Lackberg (osceni, prevedibili, melensi, osceni) e non disdegnando Anne Holt (che se non avete mai letto vi consiglio — a meno che non siate amanti della Lackberg, in quel caso alzo le mani e vi chiedo di dirmi cos’è che vi piace dei suoi romanzi). È stato nuovamente mio padre a suggerirmi il thriller di Carrisi, e visti i precedenti mi fido ciecamente del gusto letterario di mio padre.
Sì, la sto facendo lunga, ma tutto questo per dire che non sono una novellina e di thriller ne ho macinati un bel po’. Intanto, ci tengo a sottolineare per chi se lo stia chiedendo che sì, tra gialli e thriller c’è un’enorme differenza. Il giallo è il classico libro del mistero, con l’investigatore, gli intrecci, e soluzioni in genere plausibili. Il thriller è molto più cinematico, più violento, con molti più intrecci e alta tensione. Detto ciò, passiamo all’argomento principale di questo post: Il tribunale delle anime.
La prima cosa che mi ha colpito di Carrisi è la scrittura. Non c’è che dire, scrive molto bene e leggerlo è un piacere. A differenza di altri autori (come la Lackberg, tanto per fare un esempio) la scrittura è curata, chiara, e priva di ridondanza (ciao Manrico Spinoli & De Cataldo!). La trama è costruita piuttosto bene e, lo confesso, mi ha portata fuori strada varie volte, risultando in un libro tutto sommato avvincente che mi ha distratta e tenuta incollata alle pagine in alcuni momenti. In altri….beh, in altri mi ha fatto roteare gli occhi al cielo in maniera tale che per poco non mi perdevo nei meandri del mio globo oculare. Per non tediarvi, andrò sinteticamente al punto, chiedendo a chi non ha letto il libro di fermarsi qui. Spoiler alert!
Sandra Vega, la co-protagonista, co-investigatrice, è un personaggio così noioso e melenso che sembra uscita da un romanzo di Camilla Lackberg. Il fu marito David le lascia una serie di indizi fotografici la cui risoluzione da parte della triste vedova è un po’ forzata, per non dire totalmente assurda e causa di tante roteate d’occhi. Riassumo la mia reazione di fronte a ogni parte del libro con la storyline Sandra-David con un’efficace gif:
Detto ciò, la storia di Marcus, Davok e i penitenzieri, o preti-profiler, mi è piaciuta molto e non mi sarebbe dispiaciuto leggere un libro senza Sandra e concentrato su Marcus. Ho particolarmente apprezzato tutta la parte dedicata al cacciatore-trasformista, soprattutto le scene ambientate a Pripjat. Immagino un libro molto più piacevole senza Sandra e con la caccia tra i due molto più dettagliata. Insomma, Carrisi, noi amanti dei thriller vogliamo tensione, non scene da filmetto romantico stile La5!
Ora, veniamo al punto cruciale, che poi è la ragione di questo post: chi cavolo è Shaber??? Ci viene presentato come un agente dell’Interpol che lavorava con David alla ricerca dell’archivio dei penitenzieri. È la persona che riesce a far uscire Sandra dalla vedovanza e farle riscoprire che può ancora vivere, essendo giovane e con una vita d’amore e passione davanti (a quanto pare con la benedizione del defunto marito, il quale, evidentemente prevedendo la sua dipartita, le aveva lasciato non solo gli indizi per scovare i penitenzieri ma anche per farle capire che la voleva felice e libera di amare. Ma tu pensa!). Scopriamo, in maniera anche un po’ prevedibile, diciamolo, che Shaber in realtà non è l’agente dell’Interpol ma in realtà…In realtà da qui c’è il buio. Lì per lì ho pensato che fosse il trasformista, ma alla fine scopriamo che il trasformista era Marcus fin dall’inizio, quindi…chi è Shaber? È un altro trasformista? È evidentemente un altro penitenziere sulle tracce del trasformista, ma che fine fa? È un penitenziere trasformista? Da dove esce? Era allievo di Davok? Sappiamo che è a caccia di Marcus, ma dov’è andato a finire? Che c’entra con la morte di David?
Non dubito che leggendolo la sera io possa essermi persa dei dettagli mentre il sonno prendeva il sopravvento, ma, giuro, non riesco proprio a dare un senso a questo pezzo della trama. In attesa che Carrisi scriva un libro incentrato su Shaber e ci spieghi chi sia (da dove viene? Che faceva con David? Dopo che ha trovato le foto di David con Marcus in bella vista, com’è possibile che non l’abbia trovato? Che fine ha fatto? Quell’ultima scenetta con Sandra che senso aveva? Chi diamine è Shaber???), chiedo a chiunque abbia letto questo libro di darmi la sua idea, perché mi ci sto arrovellando sopra.